Aretha Franklin: tutta la storia della regina del soul

Una delle più grandi voci della storia della musica si è spenta a Detroit a 76 anni

Aretha Franklin nel 1969
24 Agosto 2018 alle 14:51

Intervistata nell’agosto del 2013 dalla Associated Press, Aretha Franklin aveva raccontato di essersi miracolosamente ripresa da una terribile malattia. I miracoli difficilmente concedono il bis e il 16 agosto scorso una delle più grandi voci della storia della musica se ne è andata all’età di 76 anni. Conseguenza di un tumore al pancreas, si è detto, favorito da un’esistenza che aveva conosciuto abusi alcolici e tabagismo. Il cancro si era già portato via le sue due sorelle Carolyn, a 44 anni (cancro al seno), ed Erma, a 64 (cancro alla gola), anch’esse cantanti.

Agli artisti di successo che ci lasciano si tende con facilità ad attribuire lo status di leggenda, ma Aretha leggendaria lo è stata davvero e i suoi successi sono pietre miliari, da «Respect» a «Chain of Fools», da «(You Make Me Feel Like) A Natural Woman», scritta con Carole King ma che Aretha fece sua, a «Think», inserita nel film «The Blues Brothers», che l’aveva rilanciata dopo l’oblio degli Anni Settanta, quelli dominati dalla disco music.

Molto prima che qualsiasi altra musicista venisse chiamata o si autoproclamasse «regina», la Franklin era già «The Queen of Soul». Aretha esisteva in un mondo musicale abitato solo da lei: figlia di un predicatore battista, se agli inizi si poteva dire che fosse influenzata da cantanti gospel come Mahalia Jackson o Sister Rosetta Tharpe, era poi diventata una presenza singolare nel mondo del R&B e del pop, capace di passare dai classici del genere ai duetti con Eurythmics o George Michael. Tutte le star che sono venute dopo di lei, da Whitney Houston ad Adele, fino a Beyoncé, le devono qualcosa.

La sua canzone simbolo rimane «Respect». Anche Otis Redding, che aveva pubblicato il brano nel 1965 ed è stato tra i più grandi cantanti soul maschili (insieme a Smokey Robinson, Curtis Mayfield e Marvin Gaye), aveva registrato una splendida versione della canzone, ma che non poteva compararsi alla cover di Aretha. Quella, pubblicata nel 1967, aveva espresso la forza, le esigenze e la sicurezza di una donna che vuole ciò che vuole, e merita ciò di cui ha bisogno, in un modo che forse solo una grande cantante blues come Big Mama Thornton o Bessie Smith, o la cantante jazz Billie Holiday, avevano già fatto.

Centododici singoli entrati in classifica, 17 dei quali nella Top 10, 18 Grammy (su 44 nomination), 75 milioni di dischi venduti, il suo inserimento nel 1987 nella «Rock and Roll Hall of Fame» (prima donna a esservi inclusa), la copertina di «Time» nel 1968 (seconda donna afroamericana ad apparirvi), una stella sulla Hollywood Walk of Fame e due dottorati onorari in musica, dal Berklee College of Music e dalla Yale University, a lei che aveva mollato gli studi alle superiori: nel corso degli anni Aretha Franklin, con il suo carattere difficile, si era anche guadagnata la reputazione di diva. Raramente rilasciava interviste e per proteggere la voce non si esibiva in sale da concerto con l’aria condizionata. Nel 1971, al famoso «Apollo Theater» di Harlem, durante uno spettacolo smise di cantare a metà canzone, disse: «Sento aria» e se ne andò. I musicisti che si esibivano con lei raccontano aneddoti su come gocciolassero di sudore durante ogni esibizione.   

Era notoriamente difficile da fotografare. A un art director che si presentò a casa sua, alla periferia di Detroit, per un servizio per una rivista, Aretha aprì la porta da sola, con i capelli legati, un sandwich in una mano, una sigaretta nell’altra e disse: «Questa è l’immagine che vuoi, non è vero? Beh, non l’avrai».

Del suo carattere non facile aveva fatto le spese anche il nostro Zucchero Fornaciari. Sugar coltivava il sogno di duettare con Aretha e nel 1998 i due si erano ritrovati alle prove della cerimonia dei Grammy. The Queen doveva rimpiazzare Luciano Pavarotti, influenzato, cantando l’aria «Nessun dorma» di Puccini. Ma qualcosa non funzionava e la cantante continuava a provare e riprovare alla ricerca della perfezione stremando i musicisti. «Forse è una questione di pronuncia» le suggerì timidamente  Sugar. «Devi dire “vincerò” e non “vincero”, vedrai che la nota va a posto». Aretha lo incenerì con lo sguardo, poi tuonò: «Fatti gli affari tuoi, Zucchero, chi ti credi di essere per potermi insegnare a cantare? La faccio come mi ha detto il Maestro». Il giorno dopo era previsto un set fotografico. Il posto di Zucchero era accanto a lei, che si spostò piccata e andò a sedersi dal lato opposto.

Quell’interpretazione lirica di Aretha viene considerata uno dei momenti più memorabili della sua carriera, mentre il duetto con Zucchero non ebbe mai luogo.

Aretha Franklin verrà ricordata al Madison Square Garden di New York, a novembre, in un grande concerto-tributo che avrebbe originariamente dovuto celebrare i suoi 60 anni di carriera.

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