Alessandro Gassmann: «Sono un padre severo e ne vado orgoglioso»

L'attore, nella nuova fiction “Io ti cercherò” indaga sulla scomparsa del figlio. E qui parla di paternità e non solo

Alessandro Gassmann
1 Ottobre 2020 alle 09:15

Mentre è nelle sale con il film “Non odiare”, e sul set della terza stagione de “I bastardi di Pizzofalcone”, Alessandro Gassmann il 5 ottobre parte su Raiuno con la nuova fiction “Io ti cercherò” (con anteprima su RaiPlay dal 3 ottobre). Interpreta Valerio, un ex poliziotto che deve fare i conti con il più terribile dei dolori: la morte del figlio, che non vedeva da anni.

Gassmann, al di là della tragedia che colpisce il protagonista, quello del rapporto genitori-figli è un tema sempre attuale.
«Direi proprio di sì. Vediamo sempre più genitori che decidono di non seguire i figli nella crescita. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti».

Lei che rapporto ha con suo figlio Leo?
«Sono sempre stato molto severo con lui, come lo è stato mio padre con me. Ma la nostra è una severità ricolma di amore, piena di baci e di abbracci. Non sono mai stato amico di mio figlio e non gli ho lasciato quella libertà che vedo oggi nei ragazzini che se ne vanno in giro da soli fino a notte fonda. Credo che sia anche grazie a questo che Leo oggi mi sta regalando grandi soddisfazioni».

Si riferisce alla sua carriera musicale?
«Certo, ma non solo. Scrive e produce canzoni, e ora ha ripreso gli studi universitari. Gli ho sempre detto: “Fai quello che vuoi ma una laurea a casa la devi portare”. Mi dispiace solo che abbia in comune con me e mio padre un senso del dovere quasi eccessivo, che non ci permette di godere pienamente di quello che facciamo. Siamo iper-gentili, iper-corretti, perennemente scontenti. In lui rivedo me stesso quando avevo la sua età e mi piacerebbe che fosse un po’ meno serio. Speriamo di non avere esagerato con la severità (ride)».

Torniamo al suo lavoro. In questi giorni state ultimando le riprese della fiction “I bastardi di Pizzofalcone”, interrotte a causa del Covid.
«Lo scorso marzo sono stato uno dei primi a spingere per la chiusura e a giugno uno dei primi a chiedere di riaprire. Da quando siamo tornati sul set giriamo rispettando tutte le norme di sicurezza e tutte le settimane facciamo il tampone. E fuori dal lavoro evitiamo la mondanità. Non potremmo fare altrimenti pensando ai 36 mila morti che abbiamo avuto. La cosa che mi impressiona di più è che raccontiamo il mondo com’era prima del Covid: ci incontravamo, ci abbracciavamo, ci stringevamo la mano…».

La speranza è quella di farlo di nuovo.
«Lo rifaremo, ma qualcosa cambierà inevitabilmente. Dovremo stare più attenti. Magari impareremo a rispettare le distanze quando siamo in fila. Sarà difficile ma sarà un bene per un Paese come il nostro che ha un rapporto molto particolare con le regole. Anche se devo ammettere di essere rimasto colpito positivamente dalla reazione che gli italiani hanno avuto davanti al Covid. Speriamo di non compromettere tutto per la stupidità di pochi».

Lei passa con disinvoltura dal cinema alla televisione mentre alcuni suoi colleghi davanti alla parola fiction storcono ancora il naso.
«Io faccio i ruoli che mi piacciono. Ho 55 anni e voglio interpretare personaggi della mia età, non posso continuare a essere sempre il bel tenebroso che rimorchia. E penso che anche nella serialità si possano fare cose belle, lavori che aiutino a riflettere. Detto questo, penso che il cinema italiano negli ultimi sette-otto anni abbia rialzato la testa: abbiamo registi apprezzati anche all’estero, come Garrone, Sorrentino, Guadagnino, e attori bravi come Luca Marinelli e Alessandro Borghi. Stiamo facendo cose belle».

“Non odiare”, diretto dall’esordiente Mauro Mancini, ne è un esempio.
«Parlare del razzismo e dell’Olocausto lo considero un dovere personale e da cittadino».

Lei è attore, sua moglie Sabrina Knaflitz anche e suo figlio è musicista: com’è la vita quotidiana di una famiglia di artisti?
«Più o meno come quella di tutti: stiamo a casa, facciamo la spesa… L’unica differenza è che è complicato fare piani a lungo termine perché non sai con ampio anticipo quando arriverà un lavoro. Leo ora vive da solo ed è tutto più semplice, quando era piccolo ha trascorso molto tempo nei camerini dei teatri».

E nel poco tempo libero cosa fa?
«Mi piace stare nella natura, camminare per chilometri, solo o con mia moglie, in luoghi privi di presenza umana: osservo, faccio foto. Mi piace vedere il mondo e andare in posti dove non mi conoscono per poter fare quello che un attore vorrebbe sempre fare: osservare gli altri».

Lei è anche un frequentatore dei social.
«Solo Twitter, che uso per sensibilizzare le tante persone che mi seguono su temi che mi sembrano importanti. Il mio profilo è un po’ come casa mia: ti accolgo anche se non sei d’accordo con me ma non devi insultare».

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